Elezioni presidenziali USA 2024: quali prospettive per l’ambiente?

Il 5 novembre 2024, data in cui si terranno le presidenziali negli Stati Uniti, è ancora lontana, ma la sfida tra i due principali candidati, il presidente Joe Biden e l’ex presidente, il repubblicano Donald Trump, è già entrata nel vivo e lo sarà ancora di più nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Gli americani (e il resto del mondo) vivono con il fiato sospeso una contesa elettorale tra idee quasi sempre agli antipodi, che però influenzerà pesantemente, in patria e all’estero, le politiche per i successivi quattro anni.

Il Clima: promesse e risultati di Biden

Tra gli argomenti su cui si esprimono le maggiori differenze, vi è senza dubbio l’ambiente, non solo in termini di approccio di governo ai temi climatici, ma anche e soprattutto di esistenza o meno di una “questione climatica”.  Sin dalla campagna elettorale del 2020, che lo ha portato alla presidenza, Joe Biden ha infatti contraddistinto il proprio programma elettorale per una forte impronta ambientalista. Tra i punti cardine vi era il rientro negli accordi di Parigi (ratificato da Obama nel 2015 ma da cui Trump era uscito nel 2019), il raggiungimento di zero emissioni nel 2050, il divieto di nuovi contratti per l’estrazione di petrolio e gas su suolo pubblico e due trilioni di dollari di investimenti in economia verde. Se resta vero il motto dell’ex governatore di New York Mario Cuomo, che ebbe a dire “Le campagne elettorali si fanno con la poesia, ma per governare serve la prosa”, è anche vero che la presidenza Biden, nonostante un Congresso non sempre accomodante, ha dimostrato di aver mantenuto, almeno in parte, le promesse fatte. Appena eletto rientrò nell’accordo di Parigi, mentre con l’Inflation Reduction Act, la più importante legge sul clima della storia americana, sono stati stanziati 374 miliardi di dollari di finanziamenti per sgravi fiscali per auto elettriche, produzione di energia da fonti rinnovabili e riconversioni di impianti inquinanti, con l’obiettivo di ridurre del 40 per cento rispetto al 2005 le emissioni di gas serra entro il 2030 (BBC; euronews; il Post).

Quale clima?! La posizione di Trump

Il suo avversario, Donald Trump è, da sempre, molto scettico verso il cambiamento climatico, e determinato ad incrementare gli investimenti in combustibili fossili, attraverso le estrazioni minerarie (ha rispolverato il vecchio slogan repubblicano “drill, baby, drill”), con il pieno supporto delle aziende settore. Sostiene infatti che la regolamentazione in questo settore abbia solo costi e non benefici, e che la trasformazione climatica non sia il risultato dell’azione umana. Il repubblicano, come abbiamo già avuto modo di dire, aveva inoltre ritirato gli USA dall’accordo di Parigi, che puntava a mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale al di sotto dei 2 °C rispetto ai suoi livelli nell’epoca preindustriale, affermando che il trattato avrebbe danneggiato l’economia degli Stati Uniti, definendolo ingiusto. Rimane celebre la sua affermazione in occasione di un comizio in Alaska nel 2022 quando dichiarò che “non c’è da preoccuparsi” perché, se gli oceani si alzeranno lo “scenario peggiore sarà che avremo un po’ più di proprietà con vista mare”. (BBC; Rai News).

Quale scenario?

Questa polarizzazione dei candidati si riflette nella società americana, divisa tra chi ritiene l’ambiente un bene da proteggere, approfittando delle sue caratteristiche per trasformarlo in una fonte di energia pulita, e chi invece preferisce tutelare grandi multinazionali, che certo danno occupazione (e finanziamenti elettorali), ma il cui sfruttamento del territorio va a danno del nostro pianeta, quindi di tutti noi, e delle future generazioni.

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